RICETTE

Le carni del Bue Rosso si prestano egregiamente ad essere cucinate. 


Le abitudini alimentari di un popolo sono naturalmente condizionate dalle materie prime disponibili e travalicano gli aspetti nutrizionali per essere depositarie di immaginario e cultura materiale. 


Il Montiferru, nei secoli ha prodotto una cucina che nelle carni, in particolare quelle bovine, trova il suo trionfo. Le ricette descritte sono utilizzate quotidianamente.

TRADIZIONALI

Petza in Brou (Bollito)

Il secondo modo in cui le culture umane hanno appreso a cucinare la carne, il primo forse è stato alla brace. Ancora oggi in Montiferru per indicare un presuntuoso si dice:” Sembra che abbia inventato il brodo!” oppure per rimarcare un modo di essere passatista si afferma: ”E’ antico come il brodo”. Per un buon bollito occorrerebbe un quarto di bue. Però il risultato lo si può ottenere anche con quantità minori. La ricetta è per quattro persone.


Mettere al fuoco una pentola capiente con l’acqua salata sufficiente, aspettare che bolla e quindi immergervi delicatamente un chilogrammo di quelle parti di carne che meglio si prestano per il lesso, aggiungere un mazzetto di odori composto da timo, origano, menta e finocchio selvatico, uno o due pomodori secchi. Aggiungere anche una costa di sedano e una o due carote. Quando la carne è ai tre quarti della cottura versare nella pentola quattro o cinque patate di medie dimensioni, precedentemente pelate e a quasi fine cottura aggiungere due cipolle rosse. Servire molto caldo con contorno delle cipolle, patate e carote, condire con olio extravergine del Montiferru. Il Bollito può essere accompagnato con una insalata di erbe amare di campo. In estate il lesso lo si mangia freddo, dopo essere stato privato del grasso, condito insieme con una insalata con patate lesse, pomodorini, peperoni, cetrioli, insalata verde. Condire con olio extravergine del Montiferru ed un aceto aromatico.



Bombas (Polpette)

In tutta la Sardegna le polpette vengono chiamate Bombas, forse perché ricordano delle palle di cannone. Se le guerre fossero combattute in questo modo…


Si prendono circa 800 grammi di carne tritata, s’impasta con un pesto di aglio e prezzemolo, con 300 grammi di pan grattato e due uova battute. Se l’impasto dovesse risultare troppo duro si aggiunge del latte. Si condisce con sale, pepe nero, noce moscata e circa quattro cucchiai di casizolu grattugiato. Si fanno delle sfere e si friggono in olio d’oliva bollente. A parte si prepara un sugo con pomodori freschi dove le polpette vanno fatte ripassare per circa cinque minuti.


Bombas in brou

Le polpette in brodo erano il primo del giorno della festa, il menu del pranzo di matrimonio le vedeva come protagoniste. La preparazione dell’impasto è simile a quella delle bombas, in questo caso si fanno delle palline che poi vanno fatte cuocere nel brodo di manzo.

Ghisadu (Spezzatino)

Il nome è di origine catalana, in Spagna ancora oggi è possibile assaggiarne di simile, condirci la pasta però è una usanza tutta nostra. Tagliare un chilogrammo di polpa di Bue Rosso a pezzetti , far soffriggere in olio di oliva caldissimo su di un letto di cipolle e uno spicchio d’aglio. Sfumare con mezzo bicchiere di vino rosso, far cuocere lentamente aggiungendo del brodo di carne. Far evaporare il liquido di cottura ed unire, la polpa di 500 gr. di pomodori spellati e privati dei semi, condire con sale pepe, una foglia di alloro e un rametto di prezzemolo. Portare a cottura per ulteriori dieci minuti.. Con il sugo tradizionalmente si condivano i maccarrones de ferrittu, una pasta fresca fatta attorcigliandola sul ferro da calza. Oggi i bucatini possono sostituirla. Il Ghisadu si serve come secondo.

Petza a cassola (spezzatino)

Lo spezzatino, oltre che ghisadu vine definito anche “ a cassola”. La carne va cucinata come il ghisadu poi però si possono aggiungere patate, fagioli, piselli od altre verdure a scelta.

Petza arrustida (Carne arrosto)

In Sardegna l’arrosto definisce sempre la carne cotta alla brace, l’arrosto della cucina moderna si chiama “morto”. Tagliare la polpa del Bue Rosso in pezzi grandi e sistemarla su di uno spiedo avendo cura che tra un pezzo e l’altro vi sia una fetta di lardo. Lo spiedo va avvicinato ad un fuoco di leccio o quercia e fatto cuocere lentamente. A parte preparare un pezzo di lardo infilato su di uno spiedino e ricoperto con della carta da macellaio, tra la cotenna e il lardo inserire uno stecco che poi bisognerà incendiare, in modo che il grasso infuocato cadendo sulla carne la faccia rimanere morbida. Salare a fine cottura e servire con verdure fresche. Tradizionalmente la carne arrosto veniva servita con un velo leggero di miele amaro. Questo non deve meravigliare perché il gusto dei secoli scorsi non differenziava il dolce dal salato.

...PER CUCINARE IL BUE ROSSO

Involtini

Da circa 500 gr. Di polpa di manzo o di vitellone si ricavano 6-7 fettine, che dopo aver battuto si guarniscono con un trito di lardo, aglio, prezzemolo e alcuni rametti di timo. Le fettine vanno arrotolate legate e fatte dorare in poco olio. Tolto il grasso dalla casseruola vanno cotte in un bicchiere di Vernaccia di Oristano. Servire caldissimi.


Petza Imbinada (Carne al vino)

Nel Montiferru l’uso di conciare le carni con il vino viene da tempi in cui era l’unica possibilità di conservazione oltre al sale. Oggi l’esigenza primaria è scomparsa, è rimasto un piatto di gusto superbo.


Tagliare in pezzi, come per il ghisadu, un chilo di polpa di Bue Rosso e coprirla con del vino rosso del Montiferru, alla marinata aggiungere uno spicchio d’aglio, una foglia d’alloro, due bacche di ginepro, timo, rosmarino e origano.


Lasciare la carne nella marinata per almeno una notte. In un tegame largo fare un soffritto di cipolle con uno spicchio d’aglio e quindi far rosolare i pezzi di carne precedentemente asciugati con uno strofinaccio. Aggiungere un mestolo della marinata finché la carne non è cotta. Per diminuire il liquido di cottura aggiungere una punta di cucchiaio di farina. Servire ben caldo. Piatto ottimo con la polenta.

Lingua in agro dolce

Bisogna far bollire la lingua in abbondante acqua salata, quindi va spellata e tagliata a strisce. In un tegame soffriggere della cipolla in olio d’oliva e far rosolare i pezzi di lingua, aggiungere un mezzo bicchiere di aceto far cuocere con olive, uva sultanina, e una punta di cucchiaio di zucchero. Tirare all’olio e servire. 

Fricandò, Fricassea

Le società contadine hanno sempre utilizzato ogni parte dell’animale comprese le interiora, in questo modo l’apporto proteico poteva essere assicurato anche a chi non poteva permettersi le parti nobili del bovino.


Tagliare a pezzi il fegato di manzo o vitello, rosolarlo in padella con cipolla, aggiungere capperi e olive nere. Sfumare con dell’aceto. Salare, pepare e servire caldissimo. 

Fegato con la rete

Tagliare il fegato a pezzi grandi rivestirli con la rete (l’omento) di maiale. In ogni pezzo inserire una foglia di alloro, salare e cuocere alla brace. 


Trippa

La trippa dopo essere stata lavata accuratamente va tagliata a listarelle e lessata in abbondante acqua salata. A parte far soffriggere della cipolla in olio di oliva del Montiferru e aggiungere dei pomodori privi di bucce e semi far cuocere per circa venti minuti, salare e aggiungere la trippa scolata e far cuocere per altri dieci minuti. A fine cottura versare in pentola della menta secca sminuzzata e una grattugiata di casizolu stagionato.

Corda de ‘itellu (Treccia di intestini di vitello)

Questo piatto è sicuramente per stomaci robusti incuranti del colesterolo, gustoso e molto amato da chi vuol trascorrere una serata con i propri amici. Tradizionalmente infatti, veniva consumato la sera, in cantina in compagnia di vini robusti. La treccia bisogna farsela preparare dal macellaio di fiducia e poi arrostirla alla brace. Si mangia caldissima. 

Pes de boe a sa tzilleralza (Piedi di bue alla maniera dell’oste)

Su Tzilleri, il celliere, era l’osteria, ormai purtroppo scomparsa, dove si vendeva il vino e si giocava a carte. Per accompagnare le bevute venivano servite delle pietanze fredde quali: aringhe e acciughe sotto sale, uova lesse, fave lesse, pezzi di formaggio affumicato e i piedi di bue. 


I piedi del bue vanno preventivamente puliti dai peli e privati delle unghie, dopo averli lavati in acqua corrente, vanno fatti bollire in acqua salata fino a ché la cartilagine non si stacca facilmente dall’osso. A parte si prepara un pesto con acciughe dissalate, pomodoro secco, aglio e prezzemolo e lo si passa al fuoco in un fondo di olio d’oliva e strutto di maiale. Con il pesto si condiscono i nervetti e si coprono di olio d’oliva extravergine a crudo, si lasciano marinare per una notte e vanno serviti freddi. 

RECAPITI

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